1. Prologue
2. Kettering
3. Sylvia
4. Atrophy
5. Bear
6. Thirteen
7. Two
8. Shiva
9. Wake
10. Epilogue
1. PROLOGO o, Hospice (Prologue or, Hospice)
Prima di iniziare, penso che sia
utile dare un po’ di informazioni per contestualizzare il tutto. Quando era più
giovane, continuava ad avere incubi. Provava un dolore sforbiciante, le si
addormentavano gambe e braccia e per tutti quei dodici anni continuavano ad esserci cose che la facevano
innervosire. Quando cadde mentre attraversava quella strada
(a sud di Houston, quella che un tempo era terra di Manhattan), quegli incubi
caddero dai tetti dei palazzi e la presero per mano.
La portarono in quelle stanze
divise da tende scorrevoli e teste di bambino lucide. Uno di loro, quel
ragazzino, non era stato così fortunato come lei. (Anni dopo, sarebbe tornato
da lei di notte, proprio mentre le sembrava di stare cadendo addormentata. Come
poi mi avrebbe spiegato, la faccia di lui era come di fronte alla sua, e lei aveva
troppa paura per pronunciare anche solo una parola).
Ora, non farò finta di avere
capito, perché non posso capirlo, e so che non lo capirò mai. Ma c’è qualcosa
che la rende pungente, e qualcosa che le fa venire voglia di uccidere. L’ha
fatta strisciare sotto quella casa e ficcare la testa sotto la stufa… bè,
quello che voglio dire con tutto questo è che tutto è collegato in questi
incubi complicati che tessiamo.
2. KETTERING* o, Buone maniere da
capezzale (Kettering or, Bedside Manner)
Avrei voluto sapere il primo
minuto che ci siamo conosciuti l’impagabile debito che avevo nei tuoi
confronti. Perché eri stata abusata dalle ossa che ti avevano rifiutata, e mi
avevi assunto per bilanciare le cose. Entrare nella tua stanza quando avevi dei
tubi nelle braccia, il canto di quegli allarmi-morfina stonati ti tenevano
addormentata e ordinata, e non gli credevo quando ti chiamavano 'un tuono da
uragano'.
Mentre ti ascoltavo il battito ti
suggerii di sorridere. Non parlasti per un po’, stavi congelando. Dicesti che
odiavi il mio tono di voce, ti faceva sentire più sola che mai, e allora mi
dicesti che sarebbe stato meglio se me ne andassi. Ma qualcosa mi tenne lì, in
piedi accanto a quel letto d’ospedale. Avrei dovuto arrendermi, ma invece mi
sono preso cura di te. Mi hai reso assonnato e disordinato, e non gli credetti
quando mi dissero che non c’era modo di salvarti.
* Nome di un ospedale.
3. SYLVIA o, Tende scorrevoli e
teste di bambino lucide (Sylvia or, Sliding Curtains Shining Children's Heads)
“Per favore, che entri il
sipario. Dateci un segno per iniziare… lanciati prima tu. Scusa. Non so che
cosa ti ho detto, ma hai ricominciato a piangere, e le cose non potrebbero
andare peggio. Lasciami fare il mio lavoro. Lasciami fare il mio lavoro.”
“Sylvia, tira fuori la testa dal
forno. Ricomincia ad urlare e imprecare, ricordami ancora come tutti ti hanno
tradita. Sylvia, tira fuori la testa da sotto le coperte. Lascia che ti provi
la febbre, poi puoi tirarmi addosso il termometro se è quello che vuoi, ok?”
“Per favore, ti prego calmati.
Stabilizzati, è terrificante. Scusa. Voglio un’alleanza con te, ma ti lanci su
piccoli coltelli. Sono affilati solo da un lato. Lasciami fare il mio lavoro.
Lasciami fare il mio lavoro.”
* * *
“Sylvia, non capisci quello che
sto facendo? Non capisci che ho paura di parlare, e odio la mia voce perché non
fa che farti arrabbiare. Sylvia, parlo solo mentre dormi. È in quei momenti che
ti dico ogni cosa e immagino che, in qualche modo, riesci a sentirmi.”
4. ATROFIA o, Anelli troppo
stretti (Atrophy or, Rings Ill-Fitting)
È da un po’ che vivi nella parte
anteriore del mio teschio e mi dai ordini. Mi scrivi regole, rimpicciolisci
mappe e ridisegni confini. È da un po’ che ripeto i tuoi discorsi, ma il
pubblico non riesce proprio a seguirli. Perché tralascio parole e
punteggiatura, e suona abbastanza vuoto. È da un po’ che vivo a letto perché
non fai che dirmi di dormire. Ho nascosto la mia voce e il mio viso, e sei tu a
decidere quando mangio. Nei tuoi sogni sono un criminale, orribile, non faccio
che andare a letto con persone nuove ogni giorno. Quando sei sveglia sono
impossibile, non faccio che deluderti costantemente.
Piccole figurine di porcellana,
proiettili di vetro che spari al muro. Minacce di castrazione per crimini solo
immaginati quando non vedo una tua chiamata. Con il segno dei tuoi denti
attorno al mio dito sono legato al tuo capezzale, sono io a cantare la tua
elegia. Prenderei volentieri tutti quei proiettili che hai dentro e li metterei
dentro di me.
* * *
“Qualcuno mi dica come fermare questa cosa, oh, chiunque lo sappia. Sta urlando, spirando, e ci sono solo io lì
accanto a lei. Sto congelando, sono infetto e rigido in quella stanza con lei.
Nessuno arriverà finché resterò a letto accanto a lei.”
5. ORSO o, I bambini diventano i
loro genitori che diventano i loro bambini (Bear or, Children Become Their Parents Become Their Children)
C’è un orso nel tuo stomaco, un
cucciolo che scalcia dentro di te. Fa rumore anche se non ha corde vocali,
presto scriveremo la sua fine. Prenderemo tutti gli appuntamenti giusti,
nessuno dovrà mai saperlo, e domani compierò ventun anni, scriverò il copione
di un altro spettacolo. Giocheremo a sciarada a Chelsea, berremo champagne
(anche se tu non potresti), saremo ciechi e stupidi e poi cadremo addormentati.
Nessuno dei nostri amici verrà, evitano tutti le nostre chiamate ed è un po’
che va avanti così. Non è uno shock, sembra che non te ne importi niente ma io
proprio non riesco a capire come tu faccia.
“Siamo troppo vecchi.”
“Non siamo per niente vecchi.”
“Troppo vecchi e basta.”
“Non siamo per niente vecchi.”
C’è un orso nel tuo stomaco, sono
settimane che un cucciolo scalcia dentro di te, e se questo non è tutto un
sogno, bè, lo taglieremo da sotto. Non abbiamo paura di scavare caverne, o di
trovare cibo da fargli mangiare. Abbiamo paura l’uno dell’altra, e abbiamo
paura di quello che significa. Ma prenderemo solo decisioni veloci, non farai
altro che tenermi in sala d’attesa, e nel frattempo saprò che siamo fottuti, e
che non riusciremo a s-fotterci a breve. Quando torniamo a casa siamo due
estranei, più di quanto lo siamo mai stati. Tu resti seduta di fronte alla tv
innevata, la tua valigia a terra.
“Siamo troppo vecchi.”
“Non siamo per niente vecchi.”
“Troppo vecchi e basta.”
“Non siamo per niente vecchi.”
6. TREDICI o, Sylvia parla (Thirteen or, Sylvia Speaks)
“Tirami fuori… tirami fuori… non
puoi fermare tutto questo? Chiudi la porta e non farli entrare.”
“Scava e tirami fuori… oh, scava
e tirami fuori… Non potevi fermare tutto questo? Scava e tirami fuori da sotto
casa nostra.”
7. DUE o, L’avrei salvata se
avessi potuto (Two or, I Would Have Saved Her If I Could)
Era notte fonda e stavo dormendo
da seduto quando un dottore venne a dirmi “È abbastanza.” Mi portò fuori nella
hall (avrei potuto giurare che fosse infestata), e mi disse una cosa che non
sapevo di voler sentire: Che non potevo fare nulla per salvarti, che il coro
avrebbe continuato a cantare e che questa cosa ti avrebbe uccisa. Qualcosa
nella mia gola fece tremare le parole che uscirono dalla mia bocca, e qualcosa
nei fili fece esplodere le lampadine. C’era vetro nei miei piedi e vetro che
cadeva dal soffitto, stava riaprendo le ferite che avevano appena finito di
guarire. Aprì uno squarcio nel canyon che scorreva lungo il tuo femore (pensavo
fosse splendido, mi ha fatto iniziare a credere). E mentre si apriva sentivo
ululati venire dalla tua stanza, ma mi sono nascosto nella hall finché
l’uragano non era passato. Quando riapparvi e provai a darti qualcosa per
alleviare il dolore ricominciasti ad odiarmi, e non facevi che cantare il tuo
ritornello:
Facevi un nuovo sogno, anche se
assomigliava più a un incubo. Eri solo una ragazzina, e ti tagliavano i
capelli, poi ti infilavano dentro a dei macchinari, arrivavi più vicina alla morte che
mai. Ti avrebbero dovuta ascoltare, pensavano che stessi mentendo. Tuo papà è
stato uno stronzo, ti ha mandata a puttane, ha costruito gli ingranaggi nella
tua testa e ora non fa che oliarli. E quando hai semplicemente smesso di
mangiare nessuno ci ha fatto caso. “Quaranta chili!” e tutto questo comporta
una ripetizione.
“Dimmi quando pensi che siamo
diventati così infelici, indossiamo anelli d’argento e nessuno applaude. Quando
ci siamo trasferiti qua assieme eravamo così delusi, dormivamo stonati e i
nostri sogni erano disgiunti. Vederti sempre rifiutata mi tormentava, ma non mi
importava delle cose che mi tiravi, dei telefoni che evitavo. Non mi importava
del tuo additarmi le colpe di ogni tuo errore, non facevo che abbracciarti e
tenerti sotto la soglia durante ogni terremoto. Ma tu impacchettavi i tuoi
vestiti ogni sera in quel borsone, e provavo a tenerti per le caviglie (che
immagine pietosa). Ma dopo più di un anno la smisi di provare a impedirti di
uscire da quella porta a passi pesanti per poi tornare, come fai sempre. Bé,
nessuno la riparerà per noi, nessuno può farlo. Dici che “nessuno mi ascolterà,
e nessuno mi capisce.” E allora non ci sono porte aperte, e non c’è modo di
passarci dentro, non ci sono altri testimoni, solo noi due.
Ci sono due persone che vivono in
una stanza minuscola, dalle tue due mezze famiglie che ti graffiano e lacerano
vengono due versioni della storia (nessuno si preoccupa), due frettolosi anelli
d’argento sulle nostre dita, le voci di due persone nel tuo cervello, due
persone convinte che la colpa fosse mia, due voci diverse che uscivano dalla
tua bocca, e io ho troppo freddo perché me ne freghi qualcosa e sto troppo male
per poter urlare.
Facevi un nuovo sogno, anche se
assomigliava più a un incubo. Eri solo una ragazzina, e ti tagliavano i
capelli, poi ti infilavano in macchinari, arrivavi più vicina alla morte che
mai. Ti avrebbero dovuta ascoltare, pensavano che stessi mentendo. Tuo papà è
stato uno stronzo, ti ha mandata a puttane, ha costruito gli ingranaggi nella
tua testa e ora non fa che oliarli. E quando hai semplicemente smesso di
mangiare nessuno ci ha fatto caso. “Quaranta chili!” e tutto questo comporta
una ripetizione.
8. SHIVA o, Port-a-Cath* scambiati (Shiva or, Portacaths Switched)
Improvvisamente ogni macchinario
si spense contemporaneamente, e i monitor emisero un ultimo beep. Centinaia di
migliaia di letti da ospedale, tutti vuoti tranne il mio. Ero steso con i piedi
in aria, completamente impossibilitato a muovermi. Il letto aveva una forma
sbagliata, maldestra e imponente, era chiaramente fatto per te.
Te ne andasti appena dopo avermi
messo a letto, e strappasti quel vecchio braccialetto dal tuo polso. Ma
tornasti per vedermi un minuto o anche meno, e mi lasciasti il tuo anello in
pugno. I miei capelli iniziarono a crescere, il mio viso divenne il tuo, il mio
femore si stava spezzando in due. Era come se delle forbici mi stessero
tagliando ed era troppo per poter urlare, e allora iniziai a ridere, a
ridere e basta.
Improvvisamente ogni macchinario
si spense contemporaneamente, e i monitor emisero un ultimo beep. Centinaia di
migliaia di letti da ospedale, tutti vuoti tranne il mio.
* http://it.wikipedia.org/wiki/Port-a-cath
9. VEGLIA o, Far entrare la gente (Wake or, Letting People In)
Con le porte chiuse, le
tapparelle abbassate, il mondo rimpicciolisce. Apriamo quelle ante. Ma qualcuno
deve spazzare per terra, prendere i suoi vestiti sporchi. Non è il mio lavoro.
Ora che tutti sono nemici, il mio cuore affonda. Mettiamo via quegli artigli.
Non li biasimo per le loro chiamate alla ribalta perché sono stato io a tirare
la corda. Voglio chiamarli e farli uscire di nuovo per l’applauso finale.
L’incrocio tra Spring e Thompson
il primo maggio è orribile. Ci nascondevamo in catacombe. Ora dormo accanto a
trappole per topi, in un letto fatto da tutti i nostri vestiti, e spero che lei
non torni a casa. Era più facile chiudere le porte e staccare i telefoni
piuttosto che mostrare la mia pelle, perché la cosa più difficile non è mai
pentirsi al posto di qualcun altro, è far entrare la gente.
Bé, puoi entrare, aprire la
porta, toglierti le scarpe. Ma potrebbe volerci tutta la notte, per spiegartelo
sarei uscito da quelle porte scorrevoli ma la tempistica non sembrava andare
mai bene. Quando il tuo elicottero arrivò a provare a tirarmi fuori da lì mi
misi la sua corda attorno al collo. E dopo quella volta non ci provasti più con il
soccorso aereo – sapevi esattamente cosa aspettarti.
Con la porta chiusa e le tapparelle
abbassate siamo morti abbastanza. Non si aprono dall’esterno. E qualcuno deve
parlare con i denti dietro la lingua in modo che quel diritto non gli venga mai
negato. Non possiamo basarci su fotografie e orari di visita, ma non so proprio
da dove iniziare. Voglio buttare giù la porta, se solo tu sei disposta a
perdonarmi. Ho le chiavi, sto facendo entrare la gente.
Non aver paura di parlare, non
parlare con il dente di qualcun altro, non trattare quando sei debole, non
subire abusi affilati. Alcuni pazienti non possono essere salvati, ma è un
fardello che non pesa su di te. Non lasciare mai che nessuno ti dica che te lo
meriti.
10. EPILOGO o, Sylvia è viva
negli incubi (Epilogue or, Sylvia Alive in Nightmares)
In un incubo, cadevo dal soffitto
e atterravo sul letto, accanto a te. Stavi dormendo e io urlavo, ti scuotevo per
provare a svegliarti. E, proprio come prima, non ti interessava nulla della
vita che vivevi quando eri sveglia. I tuoi sogni continuavano a seguire trame,
come copioni che scrivevi.
E allora ti davo la schiena
finché non eravamo entrambi di nuovo in ospedale. Ma stavolta non eravamo in
oncologia, stavamo dormendo in obitorio. Uomini e donne vestiti di azzurro e
bianco cantavano attorno a te, in mano pale pesanti a sorreggere terra. Ti
seppellivano fino al collo. In quel letto di ospedale, ti seppellivano anche se
eri ancora in vita. E io provavo a scavare per tirarti fuori ma tu volevi che
anch’io fossi seppellito assieme a te.
Urlavi, e imprecavi, arrabbiata,
e mi facevi male, e poi sorridevi, e piangevi, ti scusavi.
Poi mi sono svegliato. Ero nel
nostro letto, ma accanto a me non c’era un corpo che respirava. Qualcuno doveva
averti portata via mentre ero addormentato. Ma mentre la mia vista si faceva
più chiara capivo cos’era successo. Era da un po’ che te n’eri andata, e io non
lavoro in ospedale (hanno dovuto mandarmi via).
A volte, quando provo a muovere
le braccia, sembrano troppo pesanti. Non riesco a sollevarle. È come se mi
avessi seppellito vivo (il mio solo e unico dono prima che te ne andassi). Ma
torni da me ogni notte, proprio mentre mi sembra di stare per cadere
addormentato. La tua faccia è di fronte alla mia, e ho troppa paura per
pronunciare anche solo una parola.
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