martedì 31 luglio 2012

Traduzione: The Antlers - Hospice (2009)



1. Prologue
2. Kettering
3. Sylvia
4. Atrophy
5. Bear
6. Thirteen
7. Two
8. Shiva
9. Wake
10. Epilogue 

1. PROLOGO o, Hospice (Prologue or, Hospice)
Prima di iniziare, penso che sia utile dare un po’ di informazioni per contestualizzare il tutto. Quando era più giovane, continuava ad avere incubi. Provava un dolore sforbiciante, le si addormentavano gambe e braccia e per tutti quei dodici anni continuavano ad esserci cose che la facevano innervosire. Quando cadde mentre attraversava quella strada (a sud di Houston, quella che un tempo era terra di Manhattan), quegli incubi caddero dai tetti dei palazzi e la presero per mano.

La portarono in quelle stanze divise da tende scorrevoli e teste di bambino lucide. Uno di loro, quel ragazzino, non era stato così fortunato come lei. (Anni dopo, sarebbe tornato da lei di notte, proprio mentre le sembrava di stare cadendo addormentata. Come poi mi avrebbe spiegato, la faccia di lui era come di fronte alla sua, e lei aveva troppa paura per pronunciare anche solo una parola).

Ora, non farò finta di avere capito, perché non posso capirlo, e so che non lo capirò mai. Ma c’è qualcosa che la rende pungente, e qualcosa che le fa venire voglia di uccidere. L’ha fatta strisciare sotto quella casa e ficcare la testa sotto la stufa… bè, quello che voglio dire con tutto questo è che tutto è collegato in questi incubi complicati che tessiamo.

2. KETTERING* o, Buone maniere da capezzale (Kettering or, Bedside Manner)
Avrei voluto sapere il primo minuto che ci siamo conosciuti l’impagabile debito che avevo nei tuoi confronti. Perché eri stata abusata dalle ossa che ti avevano rifiutata, e mi avevi assunto per bilanciare le cose. Entrare nella tua stanza quando avevi dei tubi nelle braccia, il canto di quegli allarmi-morfina stonati ti tenevano addormentata e ordinata, e non gli credevo quando ti chiamavano 'un tuono da uragano'.

Mentre ti ascoltavo il battito ti suggerii di sorridere. Non parlasti per un po’, stavi congelando. Dicesti che odiavi il mio tono di voce, ti faceva sentire più sola che mai, e allora mi dicesti che sarebbe stato meglio se me ne andassi. Ma qualcosa mi tenne lì, in piedi accanto a quel letto d’ospedale. Avrei dovuto arrendermi, ma invece mi sono preso cura di te. Mi hai reso assonnato e disordinato, e non gli credetti quando mi dissero che non c’era modo di salvarti.

* Nome di un ospedale.

3. SYLVIA o, Tende scorrevoli e teste di bambino lucide (Sylvia or, Sliding Curtains Shining Children's Heads)
“Per favore, che entri il sipario. Dateci un segno per iniziare… lanciati prima tu. Scusa. Non so che cosa ti ho detto, ma hai ricominciato a piangere, e le cose non potrebbero andare peggio. Lasciami fare il mio lavoro. Lasciami fare il mio lavoro.”

“Sylvia, tira fuori la testa dal forno. Ricomincia ad urlare e imprecare, ricordami ancora come tutti ti hanno tradita. Sylvia, tira fuori la testa da sotto le coperte. Lascia che ti provi la febbre, poi puoi tirarmi addosso il termometro se è quello che vuoi, ok?”

“Per favore, ti prego calmati. Stabilizzati, è terrificante. Scusa. Voglio un’alleanza con te, ma ti lanci su piccoli coltelli. Sono affilati solo da un lato. Lasciami fare il mio lavoro. Lasciami fare il mio lavoro.”

* * *

“Sylvia, non capisci quello che sto facendo? Non capisci che ho paura di parlare, e odio la mia voce perché non fa che farti arrabbiare. Sylvia, parlo solo mentre dormi. È in quei momenti che ti dico ogni cosa e immagino che, in qualche modo, riesci a sentirmi.”

4. ATROFIA o, Anelli troppo stretti (Atrophy or, Rings Ill-Fitting)
È da un po’ che vivi nella parte anteriore del mio teschio e mi dai ordini. Mi scrivi regole, rimpicciolisci mappe e ridisegni confini. È da un po’ che ripeto i tuoi discorsi, ma il pubblico non riesce proprio a seguirli. Perché tralascio parole e punteggiatura, e suona abbastanza vuoto. È da un po’ che vivo a letto perché non fai che dirmi di dormire. Ho nascosto la mia voce e il mio viso, e sei tu a decidere quando mangio. Nei tuoi sogni sono un criminale, orribile, non faccio che andare a letto con persone nuove ogni giorno. Quando sei sveglia sono impossibile, non faccio che deluderti costantemente.

Piccole figurine di porcellana, proiettili di vetro che spari al muro. Minacce di castrazione per crimini solo immaginati quando non vedo una tua chiamata. Con il segno dei tuoi denti attorno al mio dito sono legato al tuo capezzale, sono io a cantare la tua elegia. Prenderei volentieri tutti quei proiettili che hai dentro e li metterei dentro di me.

* * *

“Qualcuno mi dica come fermare questa cosa, oh, chiunque lo sappia. Sta urlando, spirando, e ci sono solo io lì accanto a lei. Sto congelando, sono infetto e rigido in quella stanza con lei. Nessuno arriverà finché resterò a letto accanto a lei.”

5. ORSO o, I bambini diventano i loro genitori che diventano i loro bambini (Bear or, Children Become Their Parents Become Their Children)
C’è un orso nel tuo stomaco, un cucciolo che scalcia dentro di te. Fa rumore anche se non ha corde vocali, presto scriveremo la sua fine. Prenderemo tutti gli appuntamenti giusti, nessuno dovrà mai saperlo, e domani compierò ventun anni, scriverò il copione di un altro spettacolo. Giocheremo a sciarada a Chelsea, berremo champagne (anche se tu non potresti), saremo ciechi e stupidi e poi cadremo addormentati. Nessuno dei nostri amici verrà, evitano tutti le nostre chiamate ed è un po’ che va avanti così. Non è uno shock, sembra che non te ne importi niente ma io proprio non riesco a capire come tu faccia.

“Siamo troppo vecchi.”
“Non siamo per niente vecchi.”
“Troppo vecchi e basta.”
“Non siamo per niente vecchi.”

C’è un orso nel tuo stomaco, sono settimane che un cucciolo scalcia dentro di te, e se questo non è tutto un sogno, bè, lo taglieremo da sotto. Non abbiamo paura di scavare caverne, o di trovare cibo da fargli mangiare. Abbiamo paura l’uno dell’altra, e abbiamo paura di quello che significa. Ma prenderemo solo decisioni veloci, non farai altro che tenermi in sala d’attesa, e nel frattempo saprò che siamo fottuti, e che non riusciremo a s-fotterci a breve. Quando torniamo a casa siamo due estranei, più di quanto lo siamo mai stati. Tu resti seduta di fronte alla tv innevata, la tua valigia a terra.

“Siamo troppo vecchi.”
“Non siamo per niente vecchi.”
“Troppo vecchi e basta.”
“Non siamo per niente vecchi.”

6. TREDICI o, Sylvia parla (Thirteen or, Sylvia Speaks)
“Tirami fuori… tirami fuori… non puoi fermare tutto questo? Chiudi la porta e non farli entrare.”

“Scava e tirami fuori… oh, scava e tirami fuori… Non potevi fermare tutto questo? Scava e tirami fuori da sotto casa nostra.”

7. DUE o, L’avrei salvata se avessi potuto (Two or, I Would Have Saved Her If I Could)
Era notte fonda e stavo dormendo da seduto quando un dottore venne a dirmi “È abbastanza.” Mi portò fuori nella hall (avrei potuto giurare che fosse infestata), e mi disse una cosa che non sapevo di voler sentire: Che non potevo fare nulla per salvarti, che il coro avrebbe continuato a cantare e che questa cosa ti avrebbe uccisa. Qualcosa nella mia gola fece tremare le parole che uscirono dalla mia bocca, e qualcosa nei fili fece esplodere le lampadine. C’era vetro nei miei piedi e vetro che cadeva dal soffitto, stava riaprendo le ferite che avevano appena finito di guarire. Aprì uno squarcio nel canyon che scorreva lungo il tuo femore (pensavo fosse splendido, mi ha fatto iniziare a credere). E mentre si apriva sentivo ululati venire dalla tua stanza, ma mi sono nascosto nella hall finché l’uragano non era passato. Quando riapparvi e provai a darti qualcosa per alleviare il dolore ricominciasti ad odiarmi, e non facevi che cantare il tuo ritornello:

Facevi un nuovo sogno, anche se assomigliava più a un incubo. Eri solo una ragazzina, e ti tagliavano i capelli, poi ti infilavano dentro a dei macchinari, arrivavi più vicina alla morte che mai. Ti avrebbero dovuta ascoltare, pensavano che stessi mentendo. Tuo papà è stato uno stronzo, ti ha mandata a puttane, ha costruito gli ingranaggi nella tua testa e ora non fa che oliarli. E quando hai semplicemente smesso di mangiare nessuno ci ha fatto caso. “Quaranta chili!” e tutto questo comporta una ripetizione.

“Dimmi quando pensi che siamo diventati così infelici, indossiamo anelli d’argento e nessuno applaude. Quando ci siamo trasferiti qua assieme eravamo così delusi, dormivamo stonati e i nostri sogni erano disgiunti. Vederti sempre rifiutata mi tormentava, ma non mi importava delle cose che mi tiravi, dei telefoni che evitavo. Non mi importava del tuo additarmi le colpe di ogni tuo errore, non facevo che abbracciarti e tenerti sotto la soglia durante ogni terremoto. Ma tu impacchettavi i tuoi vestiti ogni sera in quel borsone, e provavo a tenerti per le caviglie (che immagine pietosa). Ma dopo più di un anno la smisi di provare a impedirti di uscire da quella porta a passi pesanti per poi tornare, come fai sempre. Bé, nessuno la riparerà per noi, nessuno può farlo. Dici che “nessuno mi ascolterà, e nessuno mi capisce.” E allora non ci sono porte aperte, e non c’è modo di passarci dentro, non ci sono altri testimoni, solo noi due.

Ci sono due persone che vivono in una stanza minuscola, dalle tue due mezze famiglie che ti graffiano e lacerano vengono due versioni della storia (nessuno si preoccupa), due frettolosi anelli d’argento sulle nostre dita, le voci di due persone nel tuo cervello, due persone convinte che la colpa fosse mia, due voci diverse che uscivano dalla tua bocca, e io ho troppo freddo perché me ne freghi qualcosa e sto troppo male per poter urlare.

Facevi un nuovo sogno, anche se assomigliava più a un incubo. Eri solo una ragazzina, e ti tagliavano i capelli, poi ti infilavano in macchinari, arrivavi più vicina alla morte che mai. Ti avrebbero dovuta ascoltare, pensavano che stessi mentendo. Tuo papà è stato uno stronzo, ti ha mandata a puttane, ha costruito gli ingranaggi nella tua testa e ora non fa che oliarli. E quando hai semplicemente smesso di mangiare nessuno ci ha fatto caso. “Quaranta chili!” e tutto questo comporta una ripetizione.

8. SHIVA o, Port-a-Cath* scambiati (Shiva or, Portacaths Switched)
Improvvisamente ogni macchinario si spense contemporaneamente, e i monitor emisero un ultimo beep. Centinaia di migliaia di letti da ospedale, tutti vuoti tranne il mio. Ero steso con i piedi in aria, completamente impossibilitato a muovermi. Il letto aveva una forma sbagliata, maldestra e imponente, era chiaramente fatto per te.

Te ne andasti appena dopo avermi messo a letto, e strappasti quel vecchio braccialetto dal tuo polso. Ma tornasti per vedermi un minuto o anche meno, e mi lasciasti il tuo anello in pugno. I miei capelli iniziarono a crescere, il mio viso divenne il tuo, il mio femore si stava spezzando in due. Era come se delle forbici mi stessero tagliando ed era troppo per poter urlare, e allora iniziai a ridere, a ridere e basta.

Improvvisamente ogni macchinario si spense contemporaneamente, e i monitor emisero un ultimo beep. Centinaia di migliaia di letti da ospedale, tutti vuoti tranne il mio.

* http://it.wikipedia.org/wiki/Port-a-cath

9. VEGLIA o, Far entrare la gente (Wake or, Letting People In)
Con le porte chiuse, le tapparelle abbassate, il mondo rimpicciolisce. Apriamo quelle ante. Ma qualcuno deve spazzare per terra, prendere i suoi vestiti sporchi. Non è il mio lavoro. Ora che tutti sono nemici, il mio cuore affonda. Mettiamo via quegli artigli. Non li biasimo per le loro chiamate alla ribalta perché sono stato io a tirare la corda. Voglio chiamarli e farli uscire di nuovo per l’applauso finale.

L’incrocio tra Spring e Thompson il primo maggio è orribile. Ci nascondevamo in catacombe. Ora dormo accanto a trappole per topi, in un letto fatto da tutti i nostri vestiti, e spero che lei non torni a casa. Era più facile chiudere le porte e staccare i telefoni piuttosto che mostrare la mia pelle, perché la cosa più difficile non è mai pentirsi al posto di qualcun altro, è far entrare la gente.

Bé, puoi entrare, aprire la porta, toglierti le scarpe. Ma potrebbe volerci tutta la notte, per spiegartelo sarei uscito da quelle porte scorrevoli ma la tempistica non sembrava andare mai bene. Quando il tuo elicottero arrivò a provare a tirarmi fuori da lì mi misi la sua corda attorno al collo. E dopo quella volta non ci provasti più con il soccorso aereo – sapevi esattamente cosa aspettarti.

Con la porta chiusa e le tapparelle abbassate siamo morti abbastanza. Non si aprono dall’esterno. E qualcuno deve parlare con i denti dietro la lingua in modo che quel diritto non gli venga mai negato. Non possiamo basarci su fotografie e orari di visita, ma non so proprio da dove iniziare. Voglio buttare giù la porta, se solo tu sei disposta a perdonarmi. Ho le chiavi, sto facendo entrare la gente.

Non aver paura di parlare, non parlare con il dente di qualcun altro, non trattare quando sei debole, non subire abusi affilati. Alcuni pazienti non possono essere salvati, ma è un fardello che non pesa su di te. Non lasciare mai che nessuno ti dica che te lo meriti.

10. EPILOGO o, Sylvia è viva negli incubi (Epilogue or, Sylvia Alive in Nightmares)
In un incubo, cadevo dal soffitto e atterravo sul letto, accanto a te. Stavi dormendo e io urlavo, ti scuotevo per provare a svegliarti. E, proprio come prima, non ti interessava nulla della vita che vivevi quando eri sveglia. I tuoi sogni continuavano a seguire trame, come copioni che scrivevi.

E allora ti davo la schiena finché non eravamo entrambi di nuovo in ospedale. Ma stavolta non eravamo in oncologia, stavamo dormendo in obitorio. Uomini e donne vestiti di azzurro e bianco cantavano attorno a te, in mano pale pesanti a sorreggere terra. Ti seppellivano fino al collo. In quel letto di ospedale, ti seppellivano anche se eri ancora in vita. E io provavo a scavare per tirarti fuori ma tu volevi che anch’io fossi seppellito assieme a te.

Urlavi, e imprecavi, arrabbiata, e mi facevi male, e poi sorridevi, e piangevi, ti scusavi.

Poi mi sono svegliato. Ero nel nostro letto, ma accanto a me non c’era un corpo che respirava. Qualcuno doveva averti portata via mentre ero addormentato. Ma mentre la mia vista si faceva più chiara capivo cos’era successo. Era da un po’ che te n’eri andata, e io non lavoro in ospedale (hanno dovuto mandarmi via).

A volte, quando provo a muovere le braccia, sembrano troppo pesanti. Non riesco a sollevarle. È come se mi avessi seppellito vivo (il mio solo e unico dono prima che te ne andassi). Ma torni da me ogni notte, proprio mentre mi sembra di stare per cadere addormentato. La tua faccia è di fronte alla mia, e ho troppa paura per pronunciare anche solo una parola.

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