giovedì 24 novembre 2011

La Dispute - Wildlife (2011)



1. A Departure
2. Harder Harmonies
3. St. Paul Missionary Baptist Church Blues
4. Edit Your Hometown
5. A Letter
6. Safer in the Forest - Love Song for Poor Michigan
7. The Most Beautiful Bitter Fruit
8. A Poem
9. King Park
10. Edward Benz, 27 Times
11. I See Everything
12. A Broken Jar
13. All Our Bruised Bodies and the Whole Heart Shrinks
14. You and I in Unison

1. UN PUNTO DI PARTENZA (A Departure)

Mentre scrivevo è calata la notte e ho finito la carta, e allora ho cancellato il nome in cima alla pagina. Non sono nemmeno sicuro del perché stia scrivendo tutto questo. Ma sembra la cosa giusta da fare. Sembra quasi che io debba farlo – è come un esorcismo.

Probabilmente sembro pazzo, ma va bene così. È da un po’ che penso potrei esserlo, non che senta voci o nulla di simile. È solo quella sensazione quotidiana in cui ti dimentichi di cose che dovresti ricordare e pensi troppo alla morte.

Forse sapete di cosa sto parlando. O forse l’avreste saputo? O l’avreste potuto sapere? O lo sapevate? Non so che tempo usare.

So che non mi sono mai sentito così. Non pensavo mai alla morte, né sentivo voci. Era come se tutto fosse perfettamente in ordine, come se stessi vivendo una vita normale, ma poi ci fu un punto di partenza.
E so che lo capite (o l’avreste capito?). Le cose sono cambiate da quel momento, e adesso più che altro ho paura.
Ma è in ogni storia, o qualsiasi cosa siano. Lo potete vedere. Chiunque potrebbe, se solo cercasse. Ho scritto delle note a margine per spiegarlo. Il resto è tra le righe o in piccolo, in fondo. Innanzitutto la sensazione di abbandono, poi il tentativo di resistere. Poi la morte, la speranza e la pazzia stessa, in attesa di me. È tutto nelle prossime pagine. È tutto lì, e vi sta aspettando.
O mi sta aspettando. Non lo so.
L’intera storia.

2. ARMONIE PIÙ DIFFICILI (Harder Harmonies)
Come un’ombra che copre un’altra ombra, un fantasma in una filmina,
Debole barlume del passato intrappolato nelle vecchie diapositive di una madre.
È seduto immobile nell’appartamento a far passare foto
Del bambino che era una volta e del senso di speranza che contenevano.
“È un peccato,”

E ho paura di quel destino ora che il ronzio della strada non mi fa dormire,

Dice, “Lascio che la vita si complichi. Mi stanco, mi rodo e tardo a pagare l’affitto.
E adesso nulla ha senso tranne lo sgabello e quel piano. Mi sento quasi a posto
Quando premo quegli accordi.”
E suona,

Il suono cresce e si spezza, ma cosa ci vorrà per far suonare così la mia vita?

E porta con sé una febbre, un sogno di sudore ed estasi. Un bacio su ogni colpo di martelletto che segue
Lo schiacciarsi di un tasto e porta ordine, poi caos, poi calma, per poi dipingere ogni cambiamento
Sotto forma di disegni sulle pareti. E preme sul tuo collo, si aggrappa ai tuoi fianchi, ti canta dolcemente di fuochi d’artificio, di dio e arte e sesso ed è strano –
Che sembri tutto così giusto quando nient’altro lo sembra.

Ma mentre suona c’è un ronzio
Là fuori che entra dalla finestra.
E persino lui deve ammettere che contiene una certa melodia,
Ma allora perché non riesce ad entrare in armonia?
È come se la città avesse una sua canzone ma lui non riesca a suonare a tempo.
Vede le note volargli di fronte ma sbaglia sempre a suonarle.
E in bagno tutto diventa annebbiato, diventa caldo e distorto,
Come la luce che faceva luccicare l’arancione della scatola di pillole che si versò nel palmo della mano.
Cade sul pavimento, e sorride al tonfo,
“Sembra quasi il suono di uno strumento.”

Come una voce nel coro, quel brusio e quel colpo di tamburo che è la vita come forma d’arte
E fuoco nelle strade che continua a farci muovere nel silenzio a colpi di sfollagente fantasma,
Che continua a tamburellare le dita a tempo coi nostri piedi.

E tutti quelli che sembrano unirsi meglio al coro non si accorgono mai che c’è una canzone,
E quelli che sembrano sentirla finiscono torturati dagli accordi quando non riescono a trovare
Un modo per cantare a tono.

E quando canti le note sbagliate tutto inizia a crollare.
Inizia a stridere e ad entrare in feedback, inizia a interrompersi e rompersi,
A suonare note non proprio stonate ma che non sembrano mai corrispondere.

E non sembra che le mie corrispondano mai.

C’è una melodia in ogni cosa,
Sto provando a trovare un’armonia
Ma è come se nulla funzionasse,
Come se nulla fosse al posto giusto.

C’è una melodia in ogni cosa,
Sto provando a trovare un’armonia
Ma è come se nulla funzionasse,
Come se nulla fosse al posto giusto.

C’è una melodia in ogni cosa,
Sto provando a trovare un’armonia
Ma è come se nulla funzionasse,
Nulla è al posto giusto.

3. BLUES DELLA ST. PAUL BAPTIST MISSIONARY CHURCH (St. Paul Baptist Missionary Church)
Qua, vetrate e il coro che canta quel forte e interminabile ritornello.
Così dolci, le voci fluttuano come foglie fino in strada.
Sulla Eastern, una celebrazione portata avanti per Dio, speranza e asilo.
Per farsi forza l’un l’altro, per la vita; dare un rifugio nella tempesta. E restare al caldo.
La congregazione si raccoglie nel parcheggio, celebra ogni servizio.
Continuano a cantare il vecchio inno,
E vedo questa scena a colori ogni giorno guidando verso Eastown,
Quella vecchia chiesa abbandonata ed io ce ne siamo andati nello stesso triste modo?

Me ne sono andato nello stesso triste modo?

Fiorì negli anni sessanta, i settanta furono anni di frequenti cambiamenti,
Gli ottanta fluttuarono di anno in anno incerti su quando i soldi sarebbero finiti.
E quando i tassi di crimini violenti e di disoccupazione aumentarono nei novanta
In quel parcheggio iniziarono a mancare e divennero incostanti sia santi che peccatori,
Finché le voci, mai ferme, svanirono lentamente nel buio,
Finché le erbacce non tempestarono il cemento da crepe inaspettate.
Doveva saperlo, doveva sentirsi che quella gloria non sarebbe mai tornata,
Quando la passione se ne andò, l’ultima che mi restava, era come se anch’io lo sentissi,
Doveva saperlo come io lo sapevo.
E ancora oggi non riesco a trovarla.
E potrei non riuscirci mai.

Adesso è sfitta da dieci anni,
Vuota per dieci anni, forse più.
Una volta custodiva la fede di centinaia di persone,
Presto custodirà un altro negozio di cellulari.
Per anni si sono radunati qua,
Nell’edificio solido e sincero,
Per cantare le loro lodi ad un dio che gli dava la speranza
Di andare avanti, di tenere duro.
E ci ho pensato,
A volte rallento quando ci passo di fronte,
Mi chiedo come una casa di pietra, una dimora così santa
Possa diventare così vuota con il tempo.
Ciò che dava un senso alla ricerca di quelle persone
Di un senso nel lento arrivo della morte
Adesso è rimasta a diroccarsi lentamente,
Adesso è rimasta ad appassire con le erbacce.
Adesso è abbandonata al ghiaccio e ai vandali,
Le candele dell’avvento sono scomparse da tanto tempo,
Le vecchie fondazioni si sono fatte instabili,
Il cemento è affogato dalle erbacce, ma
Quella vetrata resta intatta tra quella muratura rovinata,
Un simbolo della bellezza che fu perfetta solo nel momento in cui nascemmo.
E giuro di averci visto un uomo l’altro giorno
Che strappava erbacce dal cemento, spazzava e richiudeva le crepe,
L’ho visto alzare uno straccio per lavare via gli anni di sporcizia da quelle finestre.
Mi sono chiesto se ci sia qualcuno così che si possa occupare di noi due,
E qualcuno, chiunque, che abbia ceduto e perso la speranza.

4. CAMBIA LA TUA CITTÀ (Edit Your Hometown)
Un grido di protesta,
Per i sogni abbandonati e il senso di meraviglia
Nei confronti delle strade che l’hanno visto crescere.
Dì “addio” alla speranza che hai sempre avuto di avere una casa.
Dì “addio”, “vattene” e “fai del tuo meglio.”
Agli amici che se ne sono andati quando ancora potevano,
A quelli che hanno scelto di rimanere a deperire non classificati,
Soli, a continuare a pregare
Di riuscire ad uscire,
Invecchiare,
Farsi forza e
Lasciare questa città, tutti i suoi luoghi così familiari,
Tutti questi ricordi si fanno ogni giorno più grigi,
Si fanno sempre più distanti e arriveremo a sentirci una volta l’anno, forse meno,
O forse farà solo sogni ad occhi aperti lavorando fino a tardi,
Penserà solo a quegli amici e a quando scelsero di andarsene.
“Siamo ancora amici, amici miei?”

Posso andarmene?

Torna indietro e troverai un giovane,
Illuminato di speranze, obiettivi e sogni,
Splendente di amicizia ad ogni incrocio di notte.
“Ora fa una scelta”, disse la città.
Avevamo appena vent’anni, ma
Quando le giurai la mia fedeltà
Tutti i miei amici scelsero di andarsene.
E adesso ci sono lettere, forse telefonate,
Che arrivano sempre più di rado anno dopo anno
Ornate di mogli e figli,
Destinate allo stupido che scelse di restare.
E mi fa male sapere che adesso sono solo,
Ed è ancora peggio sapere che sono io ad averlo scelto.
Non fate il mio stesso sbaglio,
Non fate lo stesso sbaglio.

E ora tutti i miei amici se ne sono andati. O forse sono io che non ci sono mai stato. Tutti ci lasciamo un giorno, e cadiamo come foglie nel vento. E non è un’avvenura? (Non ti ha portata via da me?) Ma è il mio affrontare la mia paura che mi tiene qua. Sai, una volta che se ne va non puoi ritrovarla (Ti rimpiango? Posso dimenticarti?) Penso ancora che potrei venire abbandonato qua. Potrei arrivare a 63 anni a pulire i canali di scolo delle strade o a strappare erbacce dal cemento. Staremo a vedere. O meglio, starò. Solo io.

Solo io.

“Non fate il mio stesso sbaglio. Dite ‘addio’, ‘vattene’, ‘fai del tuo meglio’ e fatela finita, e sentitevi liberi.”

5. UNA LETTERA (A Letter)
Tutti vogliono che ci sia un motivo per tutto.
È più facile avere qualcuno o qualcosa a cui dare la colpa.

Ho sempre lottato con la radice del problema.
È stato il mio essere assente o il mio costante evitare di difendermi?

Non ho mai passato troppo tempo a cercare un rimedio. A un certo punto ho capito che faceva male per un motivo. Ed è per questo che mi sono sempre messo a scriverlo. Non solo nelle storie, ma anche nelle lettere nel mezzo. Ecco perché infesta ogni pagina – per auto esaminarsi.

Penso che la questione stia nel fatto che mi distacco da tutto. Dagli amici, dalla famiglia e dalle mie stesse ambizioni. Dal divertirmi. Mi distacco da tutto e basta. È sconfiggersi con le proprie mani? Sì, probabilmente. Ma non so che un tempo potevo controllare il tutto. E non sono nemmeno sicuro che importi il perché. A volte le cose succedono e non puoi fare nulla. Inoltre, sono l’unico che le affronta. Quindi se tutti potessero farmi un favore e abbassare le loro dita farei – e tenere le bocche –

Scusate. So che sembro arrabbiato. Non lo sono, lo… lo prometto. So solo che è tutta colpa mia. E affronterò il problema. E non mi servono opinioni di persone esterne. Non mi serve il loro indicare i miei problemi, sono miei. Non mi servono promemoria che ricordo meglio di chiunque altro.

E sì, lo so, dovrei trovare un altro modo. So che dovrei uscire a cercare un sostituto. Ma per me non ha mai avuto senso dimenticare le cose.

E allora non ho fatto nulla.

Mi sento imbarazzato? Penso che sappiate la risposta. Probabilmente vi sentite un po’ imbarazzati per me, no?

So che avrei dovuto dimenticarla secoli fa, sono stato di nuovo felice, ma per me non è mai stato così facile. O forse sono stato io a renderlo così difficile.

So che ho provato solo una manciata di volte a strappare via questa cosa che mi tortura. Non mi ha mai portato da nessuna parte e da nessuno. Nessuna amicizia, nessun hobby, nessun letto di nessuna ragazza ha mai funzionato. Ma se mi guardo indietro mi accorgo che forse non ci ho mai provato abbastanza, ed è colpa mia.

Forse non ci ho mai provato.

6. PIÙ AL SICURO NELLA FORESTA – CANZONE D’AMORE PER IL POVERO MICHIGAN (Safer in the Forest – Love Song for Poor Michigan)
Ho guardato il disgelo arrivare lentamente,
Ho aspettato in mezzo al freddo e nebbioso azzurro.
Ho guidato, da solo, fino al limite della città.
Ti ho pensata troppo.

L’ultima nevicata ha lasciato schegge, e certi inverni non finiscono mai, né svaniscono né indeboliscono.
E la luce del sole è come una coppia, e certe estati non fanno che fingere; scaldano l’aria e basta.
È che sono stanco della sensazione che aleggia qua. È troppo vicina alla morte, troppo disoccupata tutto l’anno.
Non è il tempo in città o il lamento dell’autostrada.
Non sono le strade né gli edifici, né di legno né di pietra.
Ogni motivo che avrei per lasciarmi dietro questo posto, perché dovrei essere solo,
Sono fatte di carne e ossa.

Ho pensato ad un esilio.
Ho pensato di prendere l’autostrada e andare verso nord.
Ho pensato di attraversare il ponte e non tornare indietro.
L’unico caldo lo sento quando sono solo.

Prese le sue cose, imboccò la 75 verso nord, verso una nuova vita e
Disse addio al mondo nello specchietto retrovisore. Con il senno di poi vide tutto più chiaro,
La forma dello skyline tracciata da una fiamma nelle finestre infiammate,
Le persone inquiete e i lampioni splendenti
Come molte boe nel mare, o come una lanterna accesa
Per indicare la via a chi è ancora perso nel cuore della notte.
Come un fulmine che colpisce l’oscurità solo una volta, senza tuono, senza dolore.

Hai mai guardato un disgelo arrivare lentamente?
Hai mai aspettato nel freddo e nebbioso azzurro?
C’è un aeroporto là, dove finisce la città.
Ti ho pensata troppo.

Si stabilì in quella foresta immobile, come un altro fantasma o un’altra ombra gettata per scelta.
Un ritornello silenzioso soffia tra le foglie e gli alberi, e porta finalmente pace,
Da un luogo in cui la canzone continuava a cambiare proprio quando stava iniziando a capirla.
Quando stava iniziando a convincersi che ci sarebbe stato un giorno in cui avrebbe trovato un modo per tenere lontana la ruggine,
Ci sarebbe stato un giorno in cui avrebbe trovato un ronzio che l’avrebbe aiutato a soffocare il passato.
Come un tuono sott’acqua, lo sente spegnersi e non prova alcun dolore.

A una città noiosa e disperata,
Sono settimane che non ti vedo. La paura ha iniziato a svanire come la luce del sole che affonda nel lago? Stanno costruendo o stanno spaccando finestre e mettendo assi sulle porte? L’ipoteca ha raggiunto tutta la città? E cos’è successo a quei sogni di gioventù affondati nel debole fiume? Si sono aggrovigliati nelle erbacce, o stanno barcollando ubriachi su Wealthy Street? O stanno progettando di andarsene? Devo andarmene. Non posso sposare questo posto. Non seppellirò il passato. Mi serve solo un cambio di scenario. Terrò queste vecchie strade nel mio cuore assieme a lei. E loderò ancora ed ancora il loro coraggio. Che le lingue confessino che la piaga della disoccupazione non è che una malattia temporanea. Lasciateci sventolare la loro bandiera da là a qua, ancora ed ancora, e lasciateci sperare in qualcosa di meglio anche se potremmo non ottenerlo mai.

Un giorno ci rialzeremo dalle ceneri. Fino ad allora, trascinatemi via.
Devo andarmene, ma giuro che ti porterò con me fino alla fine.

E allora Tuebor, casa mia!

Il tuo amico disperato,

7. IL PIÙ BEL FRUTTO AMARO (The Most Beautiful Bitter Fruit)
Dopo il tramonto, prima di dormire, do il peggio di me. Sono un groviglio di
Vecchie questioni, del sussurro seducente del mormorio di mezzi sogni e
Di scene teatrali.

Non sono che immagini di paura, queste visioni, intrappolate da qualche parte tra delusione e profezia.
Ciò che non ho fatto, ciò che volevo fare, e ciò che temo tu abbia fatto
Diventa realtà.

Luci accecanti nel fiore della notte seguono il ritmo.
Una classica scena di festa, affollata e interessante.
Non c’è amore, né vita, né storia.
Solo tocco, solo alchimia, solo
Un sottofondo ruggente, semplice e sensoriale.
Corpi giovani, pelle calda, una perfetta simmetria ed
È un momento, innocuo. È energia.
È come una medicina,
È trovare consapevolezza.
Perché tutti i segreti che mantengo sono tali?

Quella fuggente sensazione di calore è solo temporanea,
Solo un flash prima che si faccia incerta la linea
Tra il desiderare più di quello che adesso vuole il corpo
E quello che il corpo vuole più di ogni altra cosa?
È stata l’integrità che ha fatto sì che non allungassi le mani o
Solo il pensiero di portarmi troppo più avanti di te?
Mi sono stancato troppo delle conseguenze?
O ho solo avuto paura?

So solo che non ho mai voluto essere lasciato indietro.

Senza pause, senza ripensarci,
Ondeggio, inciampo e barcollo.
Sono solo movimenti verso una sensazione. Non importa,
Nessuno esita a portare con sé un certo tipo di energia,
Suda e blocca ogni cosa per
Trovare ogni apertura e soddisfare le parti animali.
Soffia sulle fiamme, assaggia il frutto, assaggia il frutto amaro.
Sto solo provando ad imparare come funzionano tutti i fili del corpo.
Sto solo provando a sentirlo, è come una medicina.
La cura è intrappolata in qualsiasi letto finiscano.

Voglio sentirlo su di me. Voglio sapere come funziona.
Voglio sapere se ne è valsa la pena di preoccuparmi
Dei fantasmi che, temevo, avrebbero tormentato il ricordo,
Dei danni che, sono sicuro, la paura mi ha fatto.
Voglio sapere che cosa in me fa sì che non riesca a farmi avanti
Quelle notti in cui l’istinto prende possesso di me ed inizia a spingere.
Forse è solo perché non ti ho mai dimenticata.

O è perché ho ancora paura?

Vedo gli scalini della chiesa, una visione. C’è finzione anche in essa?
È vero, qua l’ho resa un racconto, ma nonostante tutto non si è ancora capito chi sta tormentando chi.
E il tempo può essere davvero divertente nel suo continuo muoversi verso il futuro,
Glorificare il passato e amplificare il dolore nelle cornici e nel vetro.
E allora il nostro tocco è stato sacro la metà di quanto l’abbia fatto sembrare,
O è stata solo tutta fabbricazione di un mezzo sogno?
Solo quegli elementi, l’amore adolescente.
Solo noi che provavamo ad aggrapparci a un significato, a uno scopo,
Ad un senso nel fatto che
Qualcosa di spirituale si libera quando la sensazione ti colpisce.

E quando la sensazione colpisce.

E in quel momento scintille e arpe suonano
Una melodia ascendente tra nebbia e fantasia,
E in quel momento c’è un’onestà istintiva e pura, ma
Scompare come è venuta, rapida e portatrice
Solo di effimera estasi di naturale armonia.
Hanno paura delle note che vengono suonate e provano a cantarle.
Non vergognatevi, abbandonatevi al sentimento.
Non vergognatevi, continuate a provare emozioni.
Ma trovatelo: un corpo che abbia senso.

Io l’ho sentito.

8. UNA POESIA (A Poem)
È la terza volta che ti scrivo una lettera, e il tono si sta facendo più buio. Sto peggiorando sempre più.

C’era un motivo per cui scrivevo, ma provare ad esorcizzare i miei demoni non ha funzionato. Per provare a liberare me dalla preoccupazione e te dalla meraviglia per il futuro ed il dolore. Ho scritto una poesia:

Mi rendo conto sempre più di come dipinga le cose di grigio,
Sono sempre più preoccupato dal dolore,
Sono sempre più attratto da ogni nuvola lassù ne cielo,
Ho sempre più paura che stia per piovere.

Sai, è da qualche tempo che non sopporto il mio esagerare il dolore. Il mio puntare sempre il dito contro chiunque tranne chi ha davvero una colpa, e come mi strappo le croste come se non potessero mai aprirsi, ma lo fanno, e lo faranno, e perderò sangue come una perdita nel seminterrato, un ubriaco nel coro della notte, biascicherò tutte quelle parole per rendere inutile quel dolce, vecchio ritornello, infliggendomi dolore, ed è qua che sta il vero motivo per cui dovrei vergognarmi: quando li ho sentiti cercare tra le macerie e trovare arti, stavano cantando inni. Ma adesso che cosa ne sarà di ciò che canto?

Le preoccupazioni, la meraviglia, la brevità dei giorni,
Un rimpiazzo per gli obiettivi,
Le cose spazzate via dalle
Preoccupazioni, dalla meraviglia, dalla mia scarsa concentrazione,
Un rimpiazzo per i sentimenti,
L’occasionale scopata.
E il peggio della fauna indossa vestiti e riesce a pregare,
A preoccuparsi, a meravigliarsi, per tre pasti al giorno.
Solo la morte non trova ostacoli, non rallenta il suo passo
E si porta via quel meschino, vecchio senso di preoccupazione e meraviglia.

9. KING PARK (King Park)
Un'altra sparatoria a sud-est. Stavolta un agguato in macchina, in pieno giorno,
Di fronte alla fermata del bus tra la Fuller e la Franklin. O lì vicino.
Non lontano dal parco. Più o meno a un isolato di distanza dalla sparatoria del mese scorso.
O era la scorsa settimana?

Sono stati sparati del colpi da un SUV diretto a nord, verso Eastown,
L’obiettivo era un rivale ma stavolta il bersaglio è stato mancato.
Hanno colpito un ragazzo che, pensiamo, non aveva nulla a che fare con loro.

E viaggio indietro nello spazio e nel tempo, e mi disintegro, mi faccio invisibile.
Voglio essere lì e capire com’è successo, come non ho potuto fare.
Voglio essere lì e toccare con mano.
Voglio sapere cosa significava esserci.

E allora fluttuo dietro le barriere della polizia, ricostruisco la scena con frammenti di ricordi.
Voglio sapere com’era sua madre da vicino, voglio vederla piegarsi sul suo corpo.
E allora fluttuo lì, trascendo il tempo. Voglio fotografarlo con cura.
Voglio sapere di che colore era il sangue versato sul cemento.
Voglio appuntarmi tutto per poterlo ricordare sempre.
Se avessi potuto vederlo da vicino, come avresti potuto dimenticarti di quant’è insensata la morte, quant’è preziosa la vita?
Voglio essere lì, nel momento in cui il proiettile l’ha colpito.

E la gente si riversò in strada mentre gli spari svanivano nel suono delle sirene, uscì dalle loro case
Nei giardini, fino al luogo dove le barriere della polizia avevano circoscritto la scena del crimine.
Tutti provavano a sbirciare per capire cos’era successo,
Che cosa stava succedendo tra l’ambulanza e tutte le macchine della polizia.
Tutti facevano congetture, “Al figlio di chi hanno sparato? Dove è stato colpito? E chi avrebbe potuto sparare?”
Tutti si chiedevano, “Com’è possibile che sia successo di nuovo? È morto? Questi bambini. I nostril figli.”
Tutti si chiedevano quant’erano lontani dalla casa delle vittime.

E vado a fargli visita, nelle loro case. Nel mio sogno vado a fargli visita.
Il mio spirito si libra in alto sopra King Park, lascia la scena del crimine, viaggia ancora più indietro
Fino a molto prima della sparatoria, entra dalle loro finestre, nei loro salotti.
Stavolta li vedo più giovani, giocare ai videogames e fare i compiti.
Tutti questi marchi di gioventù si sarebbero presto fatti fredda pietra, risse e stupide rivalità.
Rovine avvolte d’oro. E con crudeltà ricordo perché sono venuto qua: per trovare un motivo.
Ma non può esserci un motivo, non per la morte, non così. Non così.

Tre giorni dopo organizzarono il funerale. La famiglia.
Tre giorno dopo una madre dovette seppellire il proprio figlio.

Non lontano, il colpevole si nascose in un hotel vicino all’autostrada con un amico e l’arma del delitto.
Quella stessa pistola. Scappò immediatamente ma venne identificato dai testimoni, la sua immagine venne trasmessa in TV.
Aveva solo 20 anni, lo chiamavano “Nonno”. Era più vecchio degli altri di un anno,
Forse due.

E per un po’ fu al sicuro, finché qualcuno lo vide e avvertì le autorità,
Che circondarono l’hotel ed arrestarono prima un complice che cercava di scappare,
Poi lo inseguirono su per la scala fino al piano dov’era la sua stanza. Chiuse la porta sbattendola forte
Dietro di sé, e si chiuse a chiave nella stanza.

Avrebbero potuto sfondare la porta ma sapevano che aveva ancora la pistola con sé,
L’aveva già usata e quindi avevano paura di ciò che avrebbe potuto fare.
Fluttuai fino alla finestra di una stanza ad ovest dell’hotel.
Mi librai fino al corridoio e provai ad ascoltare.
Li sentii provare a ragionarci, a convincerlo ad aprire la porta.
Suo zio lo supplicava, lo implorava, era quasi steso per terra.
Predicava speranza e pietà,
Diceva, “Abbiamo tutti un’opportunità di rimediare a ciò che abbiamo portato via, a fare pace con il mondo.”
Pensai di passare sotto la porta, sarei potuto entrare nella stanza,
Sentii su di me il peso dell’assassinio e la Terra tremò fino al nucleo.
Era come se il mondo stesse crollando su sé stesso. Poi lo sentimmo parlare,
“Se mi suicido potrò andare lo stesso in paradiso?
Se mi suicido potrò andare lo stesso in paradiso?
Potrò mai venire perdonato per aver ucciso quel ragazzo?
È stato un incidente, lo giuro, non era destinato a lui!
E se mi puntassi addosso la pistola, se pareggiassi le cose, potrei ancora andarci o finirei all’inferno?
Se mi suicido potrò andare lo stesso in paradiso?”
Mi lasciai dietro l’hotel, non volevo sapere come sarebbe finita.

10. EDWARD BENZ, 27 VOLTE (Edward Benz, 27 Times)
Sentii la voce del vecchio spezzarsi, balbettare un attimo e poi fermarsi.
Sentii una frase cominciata con confidenza bloccarsi dall’improvvisa assenza di una parola.
Inciampò e farfugliò provando a ritrovarla, una cosa una volta così semplice adesso scomparsa.
Quando finalmente si arrese, mi disse “Ah, invecchiare è un inferno.”

Quando sei entrato nel negozio, sapevi che mi avresti mostrato le tue cicatrici?

Ero triste, lui portava una porta, il suo vetro rotto avvolto di plastica,
Mi chiese se potevo aggiustarla, poi passare da lui e aiutarlo a rimetterla nei cardini.
“Sai, sono troppo vecchio per sollevarla, e non è per casa mia, è per quella di mio figlio.”

Quando hai aperto la porta, che cosa pensavi avresti trovato?

Nessuno batte ciglio.

Più tardi andai da lui ed entrai in retro sul vialetto. Scesi e lo trovai lì ad aspettarmi, pronto a condurmi per il giardino fino al retro della casa, dove c’era l’infisso vuoto, e mi aiutò a tenere la porta ferma mentre io martellavo sui chiodi. Poi, sul portico, in qualche modo iniziammo a parlare, mi raccontò della casa e che suo figlio era schizofrenico, allora l’avevano comprata per lui, le medicine funzionavano e pensavano che una dimora l’avrebbe aiutato ad inserirsi tra la gente, a vivere una vita normale.

Ma le pillole lo facevano dormire troppo. Quindi non riusciva a mantenere un lavoro, e un giorno smise di provarne di nuovi. E quel giorno lei ti aveva chiamato, lui l’aveva chiusa fuori di casa.

Quanto velocemente arrivasti? E a che cosa pensavi mentre ti svegliavi?
Quali paure ti passarono negli occhi, ti derisero mentre camminavi verso la porta chiusa?

Me lo ricordo, Ed. Quella storia che mi hai raccontato è tornata stasera, qua, mentre stavo scrivendo.
E dovresti sapere che quella sensazione non mi ha mai abbandonato – il peso del mio cuore – da quella volta che mi mostrasti le cicatrici sulle tue braccia, da quando ti guardai negli occhi e sentii ciò che dicesti, come probabilmente saresti morto se non per prenderti cura di tua figlia e tua moglie. Come ti accoltellò, ancora tuo figlio,

Il modo in cui mi guardavi, come se fossi una sorta di vecchio proiettore che mostrava la scena mentre me la descrivevi, reale come nel minuto in cui accadde, quel ricordo che si muoveva dietro di me. Quel momento in cui cambiasti per davvero.

E guidò fino alla casa, parcheggiò sul vialetto. Scese e vide sua moglie ad aspettarlo, frenetica.
Era passata per controllare come stava, aveva trovato la scatola di pillole vuota, era andata in farmacia a prendere la sua prescrizione e, al suo ritorno, aveva trovato la porta chiusa, e non riusciva ad entrare.
Aveva bussato e bussato, ma lui non rispondeva.

Inseristi la chiave nella serratura e la girasti. Sentisti la sicura scivolare. La porta si aprì lentamente.
Andò in salotto, suo figlio brandiva un coltello, in piedi nell’ombra, si scagliò contro di lui e lo sbatté a terra.
Lo pugnalò, ancora ed ancora, ruppe quel vetro. Scappò su per le scale.
Arrivò l’ambulanza, gli mise punti e lo riempì di sangue mentre la polizia si prendeva suo figlio, i suoi fili erano così attorcigliati che suo padre era diventato un estraneo.

E resto seduto nel mio appartamento.
Non sto avendo risposte.
Non trovo pace né liberazione dalla rabbia.
Tengo tutto lontano.
Mi tengo distante.
Dagli hotel, da Gesù e dal sangue sul tappeto.
Non digerisco nulla.
Non sto cercando nessuno.
Me ne sto andando da questa città e non so dove andrò.
Porto con me la tua immagine.
La bara di tuo nonno.
Ed, se riesci a sentirmi, ti penso spesso.
È tutto quello che ho da offrire.
È tutto ciò che so dare.

11. VEDO OGNI COSA (I See Everything)
Come ogni giorno del mio primo anno di liceo arrivo in classe in ritardo,
Ma oggi sedendomi vedo qualcosa nelle facce di tutti, c’è un’aria da funerale, è come una veglia.
La mia insegnante parla, abbastanza scura, ma nonostante tutto confidente e calma.
Il suo discorso è parte elogio, parte poesia, parte celebrazione.
Il suo calore e il suo sorriso, ci distribuisce fotocopie di pagine di diario
Scritte tanto tempo fa. Inizia a leggere, e improvvisamente è il 1980.

5 Marzo – Il cancro è furioso ma nostro figlio resiste, abbiamo la fede per andare avanti in qualsiasi modo andrà a finire. Le cure sono violente, ma lui continua a sorridere. È fantastico trovare gioia nelle piccole cose.

12 Aprile – L’appetito di Andrew è migliorato e ringraziamo Dio ogni giorno. Ma a volte è difficile vederlo rinchiuso in quella struttura da spaventapasseri.

9 Luglio – Vedo sofferenza quando lo guardo negli occhi. Ha sopportato così tanto. Abbiamo tutti sopportato così tante cose, ma che incredibile determinazione ha nostro figlio, solo 7 anni, faccia a faccia con la morte. Dice che è facile trovare persone che abbiano sofferto più di lui. “Come Gesù, lui ha sofferto più di tutti”, mi ha detto ieri notte, “quando Dio lo abbandonò.”

20 Settembre – È da qualche tempo che giochiamo in giardino e il morale è alto, non come la sua percentuale di globuli rossi.

14 Ottobre – Si sente sempre stanco.

30 Novembre – Siamo di nuovo in ospedale. È come essere a casa.

8 Dicembre – Sta peggiorando.

19 Gennaio – Oggi abbiamo seppellito nostro figlio, il più piccolo, e anche se la sua morte è stata orribile non dobbiamo lasciare che ci allontani da Dio. Una grande grazia l’ha salvato. Gli ha dato un corpo nuovo. E l’ha liberato dalla tortura, l’ha finalmente liberato dal cancro. Un momento prima di andarsene è riuscito a strapparsi per un secondo dalla morte, ha aperto gli occhi all’improvviso e ha detto,
“VEDO OGNI COSA. VEDO OGNI COSA.”

E non lo scorderò mai, la pace e la calma che avete dimostrato in un dolore che posso soltanto immaginare. Perdere un figlio per la tortura del cancro. Aiuto. Perché posso solo immaginare come abbiate potuto tornare alla normalità, continuare ad avere fede e a vedere lo splendore della vita nel sorriso di un bambino che avete dovuto seppellire. E non dimenticherò mai né lui né la vostra immutabile fede. No, non vi dimenticherò mai. Adesso che sono passati sei o sette anni, io sono privo di qualsiasi fede. Non trovo pace e sono stanco di aspettare. Anche se non ho provato nemmeno un minimo del vostro dolore, non riesco a vedere nulla. Anche se non ho provato nemmeno un minimo del suo dolore, i miei occhi sono chiusi.

12. UN BARATTOLO ROTTO (A Broken Jar)
Eccoci qua,
Un’ultima lettera. Un ultimo tentativo di trovare un senso. A chi ho scritto finora? Non ne sono più sicuro. Che cosa sto provando ad ottenere? È un mistero, credo. Segretezza creata dalle mie stesse mani. Le cose si fanno annebbiate, e adesso sia tutte queste storia sia la lotta che raccontano si fanno confuse, si fanno sempre più confuse ogni minuto che passa.
E allora, in che voce ho scritto finora? La mia o la sua?
Sono mai state diverse tra loro?

Non lo so, non lo so.

Un’ultima supplica disperata. Un ultimo verso da cantare. Un’ultima risata registrata per accompagnare la commedia.
Sono ormai un caso perso? Sono diventato pazzo? O è stata la parte peggiore di me ad aver fabbricato, creato tutto questo?
So che ho ribaltato il tavolo perché sono rimasto a guardare il barattolo spezzarsi, e ho provato a rimetterlo assieme ogni singolo stupido giorno, ma le crepe continuano a vedersi indipendentemente da che bel lavoro io faccia, potrò mai decidere di lasciar perdere e lasciarti andare?

Tutti i miei temi ed ogni singola narrazione che segue riflettono quel momento in cui si ruppe, arriverà mai un momento in cui potrò dimenticarlo?
Ora sto gettando via i cocci, sto ignorando ogni frammento e sto zoppicando verso un sipario che nessuno vuole vedere calare, per cui nessuno applaudirà, ma che deve comunque scendere.

13. TUTTI I NOSTRI CORPI FERITI E TUTTO IL CUORE SI RESTRINGE (All Our Bruised Bodies and the Whole Heart Shrinks)
E allora raccontami la tua storia. Hai mai sofferto?
Se sì, ti sei sentito meglio o non sei mai riuscito a lasciarti tutto dietro?
Hai trovato chi amavi a letto con un altro e
Hai lasciato che tormentasse te stesso e ogni altra cosa anche molto dopo che successe?

Fammi vedere tutte le tue ferite. So che tutti se le portano sul corpo.
Trasmettono il dolore – quanto male sei stato, come hai reagito.
Il cancro si è portato via tuo figlio? Tuo padre ha avuto un infarto?
C’è stato un momento in cui hai obbligato tutto il cuore a crescere o a farsi piccolo?

O solo a restringersi.
Il cuore può restringersi?

Raccontami tutto. Raccontami tutto ciò che sai.

Quand’eri piccolo, ti hanno raccontato di quanto può essere crudele il mondo?
Nessuno te l’ha mai raccontato?
Dimmi, qual è il senso della tua vita? Chi è che ti ha messo qua, e perché?
C’è qualcuno che ti ha messo qua?
E che dire di quelle necessità? Ad esempio, come sopportare la tragedia e il dolore?
Qualcuno ti ha mai insegnato come fare?
Quando toccherà a me il mio cuore esploderà, si spezzerà o si farà forza?
C’è solo un modo per scoprirlo?

Non so se sono pronto a scoprirlo.
Quanto sono forte. Di cosa sono fatto.
Non sono sicuro di essere pronto a passare in mezzo al fuoco.
Non sono sicuro di riuscire a sopportarlo.
Pensi che se il cuore continuasse a rimpicciolirsi
Un giorno arriverebbe a non esserci più?
E quanto ci vorrebbe?
Sarebbe meglio soltanto che esplodesse o si spezzasse?
Perché non mi sembra che il mio cuore si stia facendo forza.

Raccontami le tue storie. Mostra le tue ferite.
Vediamo che cosa riesce a sopportare l’umanità.

Lei ha perso suo figlio, aveva solo sette anni, per un cancro. Ha risposto con la fede nel suo dio e tenne duro,
Lui è stato aggredito da suo figlio, accoltellato allo stomaco, alla schiena e alle braccia.
Mi ha mostrato le sue ferite.
82 anni, mi ha detto, “Ho ancora mia figlia e mia moglie. E ho ancora
La mia vita e mio figlio.”

Raccontami le tue paure peggiori. Scommetto che assomigliano alle mie.
Raccontami a che cosa pensi quando non riesci ad addormentarti di notte.
Dimmi che stai facendo fatica. Dimmi che hai paura.
No, dimmi che sei terrificato dalla vita.
Dimmi che a volte è difficile non pensare alla morte.
Raccontami come hai fatto a perdere. Raccontami come se n’è andato. Raccontami come se n’è andata.
Raccontami come hai fatto a perdere tutto ciò che avevi.
Dimmi che non tornerà più.
Raccontami di Dio. Raccontami dell’amore.
Dimmi che è tutte queste cose.
Dimmi che pensi a ogni cosa passando attraverso il filtro della paura.
Scommetto che non sei l’unico a farlo.

Al mondo tutti, ad un certo punto, arrivano a soffrire.
Mi chiedo quando toccherà a me. Me lo chiedo.
Tutti stanno cercando qualcuno o qualcosa.
Mi chiedo che cosa troverò. Me lo chiedo.

14. IO E TE IN UNISONO (You and I in Unison)
Che cosa troverò?
Qualcosa di sacro per aiutarmi a gestire la tragedia?
O forse un tempo – l’avevo e l’ho perduto?

Nessuno dovrebbe mai attraversare il fuoco da solo.
Nessuno dovrebbe resistere a quella tempesta.
No, a tutti serve qualcuno o qualcosa.

E quando canto, non canto il tuo nome
Nello stesso momento in cui canto il mio?

Giuro che ci sono giorni in cui ti sento spaccare in due la luce che entra dalla finestra.
Le forme che crea sono sempre più calde, sempre più luminose di tutto il resto.

Giuro che ci sono giorni in cui ti sento cantare o sussurrare il mio nome nel modo più sottile.
È come se la luce più calda, che ora copre il pavimento di camera mia, sia in qualche modo tu e non solo luce del sole.

Il ricordo rientra dal balcone.
Metto un fiore sulla schiena del suo vestito.
Forse sarebbe meglio dimenticarlo.
Forse sarebbe meglio lasciar perdere.
Lo dipingo del colore del punto in cui si incontrano la pelle ed il labbro,
Solo un momento prima di dare il bacio.
Sfoco tutto il resto.
È così che scelgo di ricordarlo.

Certe notti assomigliano molto ai giorni, resto sveglio fino a tardi, guardo le ombre creare la tua forma.
Quelle schegge d’argento sul muro, poi sulle lenzuola.
Sento la tua canzone tra gli alberi. Finalmente riesco a riposare.
Spesso, quando dormo, appari nei miei sogni.
Fai cose semplici, come fare la spesa.
E giuro che quando mi sveglio è come se te ne fossi appena andata,
Come se ti fossi alzata a preparare la colazione, o forse solo a vestirti.

Ma la verità è che non ci sei mai stata. E non ci sarai mai.
A volte penso che anche per me sia così, e allora che cosa posso fare
Quando sembra ancora che ogni giorno inizi e finisca con te?
E non lo saprai mai, non capirai mai
Quanto il tuo fantasma mi ha definito in tutto questo tempo.

Lascio il ricordo sul balcone.
Strappo il fiore dalla schiena del vestito.
Scommetto che stavolta è meglio dimenticare e lasciar perdere.
Dipingerlo del colore del punto in cui il labbro sanguina e perde sensibilità.
Sfoco tutto il resto, sfoco tutto il resto e basta.
E lascio perdere, lascio perdere, lascio perdere.

Prima o poi, tutti lasciano andare.
Tutti lasciano andare.

Mi chiedo quando toccherà a me. Me lo chiedo.

Ma se ti sento ancora cantare in ogni città che incontro,
Anche dopo che ho cercato di sfocare tutto, ogni nostro ricordo,
Se quando il sole tramonta tu non te ne vai assieme a lui,
Se la tua forma continua a tormentarmi,
Allora non dovrei continuare a cantare assieme a te?
Non dovrei continuare a cantare assieme a te?

Canterò sperando dolcemente che le note cambino,
Ma non è necessario che succeda. Non mi sono rassegnato.
E se non cambieranno mai canterò il tuo nome in ogni verso.
Come ho fatto in tutto questo. Come ho sempre fatto.
In ogni pistola, nella chiesa vuota, in ogni figlio torturato.
In tutti quelli che si arrendono. In tutti quelli che lasciano.
Canterò i nostri nomi in unisono fino alla morte.

Canterò i nostri nomi in unisono fino alla morte.

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